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Un grande guerriero giapponese che si chiamava Nobunaga decise di attaccare il nemico sebbene il suo esercito fosse numericamente soltanto un decimo di quello avversario. Si era svegliato con quell'idea in testa nonostante tutti i suoi parenti e nipoti avessero tentato di fargli capire, per giorni, che lui era ormai in pensione da dieci anni e che da almeno quaranta non vi erano più guerre nel paese.
Inseguito dai parenti che portavano i suoi vestiti Nobunaga, completamente nudo, era uscito di casa di buon mattino per recarsi sul luogo della battaglia, immaginando di vedere un esercito dove vi era soltanto un gregge di pecore.
Nobunaga arringò le pecore come fossero soldati. Lui sapeva che avrebbe vinto, ma le pecore erano dubbiose.
Portandosi dietro le pecore e i pastori che imprecavano violentemente, Nobunaga giunse ad un tempio shintoista. Lì disse ai pastori e alle pecore: «dopo aver visitato il tempio butterò una moneta. Se viene testa vinceremo, se viene croce perderemo. Siamo nelle mani del destino. Qualcuno ha questa famosa moneta?».
I pastori, immaginando le intenzioni di Nobunaga, si rifiutavano di dargli una moneta. Ma il pastore Koan, convinto che non si sarebbero mai liberati del vecchio pazzo finché non gli avessero dato retta, raccolse un ciottolo e lo consegnò a Nobunaga giurandogli che fosse un pezzo d'oro.
Nobunaga entrò nel tempio e pregò in silenzio. Uscì e gettò il ciottolo. Il ciottolo rotolò nella valle e Nobunaga lo inseguì imprecando. Tornò dopo alcune ore, malconcio, con il ciottolo in mano e annunciò trionfante che l'esito del lancio era favorevole. Tuttavia in sua assenza, le pecore se ne erano andate e i pastori con esse.
Nobunaga rimase convinto che i suoi soldati fossero così impazienti di battersi che lo avevano lasciato solo per andare a vincere la battaglia senza difficoltà.
«Nessuno può cambiare il destino» disse un passante a Nobunaga vedendolo nudo mentre contemplava i greggi di pecore.
«Maledizione, ma questo è solo un ciottolo!» disse Nobunaga, guardando il sasso che aveva recuperato dalla valle con tanta fatica.
Così si insegna che la via dello zen non va inseguita a casaccio.
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